Tra Premi Nobel, in comune c’è il bene comune

10/11/2020

Il Premio Nobel per l’Economia 2020, assegnato agli statunitensi Robert B. Wilson e Paul R. Milgrom per i contributi microeconomici alla teoria delle aste è apparso a molti -accademici e non - come eccessivamente sbilanciato sul fronte dell’economia teorica; un premio neoclassico, distaccato dalle sfide che le economie contemporanee stanno affrontando: non solo la pandemia e la sua crisi sistemica, ma anche i cambiamenti climatici, la povertà estrema, le disuguaglianze.
Una prima lettura del premio Nobel di quest’anno sembra quindi lontana dai temi della sostenibilità, dell’economia civile, cari a quanti cercano di rifondare le istituzioni stesse che caratterizzano le economie di mercato, superando l’impasse di modelli basati sui comportamenti di un individuo troppo spesso appiattito a “homo economicus”.

Ma uno sguardo economicamente laico e critico non può non vedere un fil-rouge tra il premio Nobel di quest’anno e alcuni temi che ispirano l’economia civile - a impatto o trasformativa che sia.
Questo fil-rouge sta tutto nel tema dei beni comuni, o meglio dei beni con un “common value” come li definisce proprio il neo premio Nobel Bob Wilson.
Per Wilson infatti i beni di “common value” hanno un valore all’inizio, prima dell’asta, incerto per tutti i partecipanti, ma alla fine, a fine asta appunto, tale valore si rivela lo stesso per tutti: questo ragionamento si applica a una vasta gamma di esempi - dalle frequenze radio, al volume dei minerali o del petrolio presente in un’area, a molti altri beni.
Nella sua ricerca Wilson ci dice che gli individui razionali, presi singolarmente, prima dell’asta, tendono a giocare sempre un prezzo più basso rispetto a quello che essi stessi stimano come valore comune: paradossalmente infatti, se si scommettesse un valore troppo elevato, il rischio di “perdita in caso di vincita” dell’asta sarebbe troppo alto rispetto a quanto scommesso.
Come non ritrovare allora in queste riflessioni e in questi temi, un richiamo ai “commons” e a quella “tragedy of the commons” di cui parlava Elinor Ostrom, politologa, anch’essa premio Nobel per l’economia. Per Ostrom i “commons” sono infatti quelle risorse condivise da molti (pensiamo ad un pascolo, ad esempio) il cui valore totale è più grande della somma del valore che esso ha per ogni singolo individuo.
É così che nel 2020, in piena pandemia, Bob Wilson e Paul Milgrom hanno vinto un premio Nobel anche per essere riusciti a creare un meccanismo d’asta per i beni “dal valore comune”, per allocarli in meccanismi di mercato.
Per Bob Wilson come per Elinor Ostrom il tema dei beni comuni, così centrale per l’economia civile, è stato il motore alla base non solo del Premio Nobel, ma anche della ricerca di nuove soluzioni, di scoperte e di innovazioni realmente sociali per l’economia e la società - come anche un modello di asta può essere.

I beni comuni o dal valor comune, così sfuggevoli e difficili da formalizzare nella teoria economica, restano quindi come lo spunto più vivo, per quanti, anche oggi, non cessano di interrogarsi e di ripensare le istituzioni e i meccanismi che caratterizzano un’economia capitalistica che resta viva perché sempre in evoluzione.

Francesco Gerli, PhD Candidate School of Management - Politecnico di Milano, Tiresia