Napoli, con la Cooperativa La Paranza rinasce il Rione Sanità

19/11/2021

La gestione delle Catacombe di San Gennaro e di San Gaudioso è stata l’occasione di un’impresa di impatto sociale, la valorizzazione di un luogo e di una comunità

La storia della Cooperativa La Paranza è una storia di rinascita e di speranza in un quartiere pieno di contrasti, di vita e di bellezza come il Rione Sanità di Napoli. Il lessico contemporaneo lo archivierebbe in un capitolo di rigenerazione urbana. Senza dubbio è un’esperienza di impatto nel cuore di una realtà travagliata. È soprattutto, però, la storia di alcuni ragazzi che hanno deciso di cambiare le cose, che hanno visto un tesoro tra le strade e i vicoli dell’infanzia e reinventato un patto con la comunità. Un’avventura più sociale che economica, l’ambizione di creare lavoro, di svelare al mondo la bellezza a volte segreta dei posti difficili.
Oggi la Cooperativa La Paranza impiega 40 persone, nel 2019 ha accolto 160 mila visitatori e gestisce le Catacombe di San Gennaro e di San Gaudioso, un percorso nella Napoli Sacra del Rione Sanità, nel Cimitero delle Fontanelle, nella Basilica di Santa Maria della Sanità.
Chiediamo a uno dei fondatori, Vincenzo Porzio, di raccontarci come è nato tutto.

Eravamo solo sei amici cresciuti in questo quartiere, tra strade e vicoli che erano l’estensione naturale di casa nostra. Ci riunivamo davanti alla Basilica di Santa Maria della Sanità, che ha avuto sempre parroci illuminati. C’era una visita serale teatralizzata alle Catacombe di San Gaudioso, sotto la Basilica. Noi per divertimento gestivamo tutto, dalla logistica al catering, alle prenotazioni, al back-stage. Don Antonio Loffredo cominciò a farci viaggiare e, senza che ce ne accorgessimo, a fare “team building”, a cementare quell’unione che poteva e sarebbe diventata un’avventura comune. Scoprivamo che all’estero il turismo era una risorsa con cui si poteva vivere, che i capolavori di casa nostra non avevano nulla da invidiare a quelli degli altri e, a quasi18 anni, cominciavamo a chiederci cosa avremmo fatto da grandi. Gestivamo in maniera informale, ma ovviamente con il permesso della parrocchia e l’assenso del vescovado, le visite alle Catacombe. Cercavamo di regalare il massimo ai visitatori, di fargli vivere un’esperienza indimenticabile e intanto imparavamo. Poi una sera un’associazione ci chiese se potevamo fare una fattura per una visita serale: eravamo completamente impreparati, ma abbiamo capito che stava cominciando un’altra fase, così abbiamo fondato nel 2006 la Cooperativa La Paranza.

La paranza a Napoli è un gruppo di amici, una comitiva. La forma della cooperativa era la più vicina alle modalità che avevamo imparato, alla nostra idea di fare qualcosa, tutti insieme e sullo stesso piano, per valorizzare il patrimonio storico-artistico dei luoghi in cui eravamo cresciuti. Dopo un po’ io andai a Londra, per imparare l’inglese, e cominciai a guardarmi attorno, a vedere nuove strade.

Nel 2008 però cambiò tutto. Cosa successe?

C’era questo bando della Fondazione CON IL SUD per la valorizzazione dei beni storico-artistici e la creazione di lavoro al Sud, prevedeva un affido fino a 500 mila euro a fondo perduto. Noi presentammo l’idea del recupero delle Catacombe di San Gennaro. Erano semichiuse, ma per il Rione Sanità erano un’opportunità irripetibile, perché alle Catacombe si accede da una finestra a un passo da Capodimonte, un posto che ospita uno dei musei più belli del mondo e circa 100 mila turisti l’anno. Ci bastava intercettarne meno della metà per raggiungere il break even point della nostra attività.
Dall’accesso alle Catacombe di San Gennaro si sarebbe finiti direttamente al Rione Sanità. Era l’occasione di fare riscoprire un intero quartiere che ospita 32 mila persone in un raggio di tre chilometri, ma che la storia e la costruzione del Ponte della Sanità nell’Ottocento avevano isolato e marginalizzato. Poteva diventare l’occasione di una vita. Vincemmo il bando. Quando i miei amici mi telefonarono a Londra, ci misi due settimane a decidere, ma scelsi di tornare. Non avrei potuto sopportare il rimpianto di non esserci stato fin dall’inizio.

Quali sono state le maggiori difficoltà del progetto portato avanti dalla Cooperativa? Come le avete superate e come siete arrivati alla realtà di oggi?

Le sfide sono state tante. Noi ci siamo formati, anche con corsi universitari, con lo studio e l’impegno su questa iniziativa. Il numero dei visitatori intanto cresceva, ma partivamo da una situazione molto difficile: Napoli su tutti i giornali per l’immondizia e le faide di camorra che lasciavano i morti ammazzati per la strada, distruggendo in un attimo gran parte del nostro lavoro.
Per fortuna molti ci hanno aiutato, la Chiesa di Napoli, l’Altra Napoli Onlus, vari sponsor e le persone che conoscevamo da sempre. Oggi è cambiato tutto, le guerre dei clan sono lontane, il quartiere si è popolato di ristoranti, pizzerie, pasticcerie, salumifici. I turisti vengono anche dal resto d’Italia e dal mondo. La speranza è più facile.

Con il Covid come è andata?

È stato molto duro. Abbiamo dovuto chiudere per molto tempo e la cassa integrazione ci ha salvato, ma non ci siamo fermati un attimo e abbiamo avviato nuovi progetti, rafforzato la nostra organizzazione, le strutture e l’offerta. Abbiamo vinto la gestione di altre due basiliche a Napoli, progettato la riapertura. Abbiamo evitato la costruzione di esperienze digitali che sarebbero state una forzatura, ma abbiamo continuato a diffondere idee, video, messaggi. Già in passato avevamo lavorato alle prenotazioni online, crescevamo del 20% ogni anno e dovevamo attrezzarci per una eventuale saturazione delle nostre visite guidate. Passato il peggio della pandemia, quando è stato possibile riaprire, ma solo previa prenotazione, eravamo pronti. È stata una crisi che abbiamo vissuto ancora una volta con il quartiere, con i piccoli negozianti che ci chiedevano se non fosse il caso di chiudere e noi che gli dicevamo di resistere, se potevano. Noi intanto organizzavamo le AperiVisite e i tour al Rione Sanità, per intercettare i turisti cittadini, gli unici possibili visitatori rimasti nelle fasi più dure. Ora è ricominciato tutto: ad agosto, grazie anche ad iniziative mirate, abbiamo registrato una crescita del 13% sull’agosto del 2019, anche settembre ha visto un recupero.

Oggi cosa è la Cooperativa La Paranza? Cosa propone?

Coltiviamo ancora il sogno di far rinascere il Rione Sanità, casa nostra. Siamo passati da 6 persone a 40, da 1.300 metri quadrati a circa 13 mila recuperati. Nel 2019 abbiamo toccato i 160 mila visitatori in un anno e ancora oggi siamo qui per cambiare le cose. Ci siamo formati e strutturati nel tempo, ma tuttora, quando facciamo un colloquio, cerchiamo soprattutto quella voglia di dare qualcosa alla comunità: è la cifra della nostra identità. Investiamo da 6 mesi a 2 anni per formare le nostre persone.
Ai turisti mostriamo luoghi bellissimi della Napoli Sacra e paleocristiana, tesori che spaziano dal III secolo dopo Cristo all’arte bizantina, fino alle ultime acquisizioni contemporanee. Alla storia artistica e archeologica aggiungiamo una seconda dimensione: quella dell’aneddotica millenaria legata a quei luoghi. La terza dimensione della nostra offerta è infine la storia del loro riscatto, un valore aggiunto a cui il visitatore partecipa scegliendo le catacombe di Napoli.

Giovanni Digiacomo

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