La potenza del dono come gratuità
Nel celebre Il mercante di Venezia, Shakespeare narra la storia del giovane gentiluomo Bassanio che desidera la mano della bella Porzia.
Per soddisfare il desiderio, però, deve indovinare in quale di tre scrigni si trova il ritratto della ragazza. Così ha voluto il padre per assicurarsi che la figlia sarebbe andata in sposa alla persona giusta. Su uno dei tre scrigni è scritto: “Chi sceglie me, otterrà ciò che desiderano molti”; su un altro: “Chi sceglie me, deve rischiare tutto quello che ha”. Infine, sull’altro ancora: “Chi sceglie me, avrà quanto si merita”.
Quale scrigno occorre aprire per trovare il tanto agognato ritratto?
Bassanio opta per il secondo scrigno nella sequenza di cui sopra, e raggiunge il suo scopo, perché è in quella scritta che è la spiegazione di cosa sia un amore autentico: donare e donarsi.
Negli altri due scrigni, l’accento cade sul ricevere. Nulla di più errato, perché l’amore non tollera la logica dello scambio, e tanto meno quella del comando.
È la reciprocità la logica dell’amore, la quale è un dare senza perdere, e un prendere senza togliere.
È la capacità e la volontà di donare ciò che dà valore a una vita, non certo il possesso di beni.
Ne sapeva di cose, il padre di Porzia!
Il dono, a differenza della donazione, non è mai impossibile; la sua caratteristica è proprio l’onnipotenza.
Se uno è disponibile a farlo, nulla può impedirgli di farlo.
L’economia mai potrà agire efficacemente fintanto che avrà bisogno di garanzie. Non può correre rischi, infatti, mentre il dono sì.
Ciò che è dono non può essere trattenuto, ma va condiviso. È la condivisione a far sì che il dono si moltiplichi. Nella celebre parabola evangelica, il miracolo non è che il pane si moltiplichi ma che lo si condivida.
(Ma la folla non riesce a leggere il segno, perché si ferma allo straordinario).
Stefano Zamagni