Ivrea, un prototipo verso nuovi paradigmi

23/07/2018

“Ivrea Città Industriale del XX secolo” rappresenta, nel panorama italiano e mondiale, un modello atipico di città industriale moderna e si impone all’attenzione generale come risposta alternativa ai quesiti posti dal rapido evolversi dei processi di industrializzazione novecenteschi. Di recente Ivrea è stata eletta come 54esimo sito italiano Patrimonio Mondiale dell'Unesco. Abbiamo chiesto a Michele Trimarchi di Tools for Culture Strategies and Projects for the Arts di commentare la notizia.

La lista del patrimonio mondiale non prende forma per caso. Spesso la logica un po’ affannata che emerge nel discorso italiano interpreta il marchio UNESCO come un premio, una sorta di riconoscimento che formalizza l’importanza di un monumento, un sito, una città. Ne deriva, in sostanza, la percezione che l’inclusione nella lista finisca per funzionare come certificazione di valore e soprattutto attrattore per turisti di massa in cerca di selfie. Al contrario (e per fortuna)

la scelta dell’UNESCO va presa
come un’interpretazione strategica
che segnala i luoghi capaci di indicare a tutti,
dai residenti ai visitatori, lo spirito del tempo
che è custodito e soprattutto raccontato da
manufatti, spazi, stili e linguaggi.

Non è un caso che gli ingressi nella lista segnano nel corso del tempo addensamenti che testimoniano la percezione di quello spirito, anno dopo anno, combinando gli indefiniti modi con cui l’umanità rappresenta sé stessa.

L’inclusione di Ivrea avviene, secondo un disegno forse inconsapevole ma certamente incisivo, negli anni in cui la presa d’atto di un cambiamento radicale nell’economia e nella stessa società genera entusiasmo creativo da una parte, e rigurgiti nostalgici dall’altra. Concepita e strutturata negli anni Trenta con la sequenza degli ampliamenti che dura fino alla soglia degli anni Sessanta, la fabbrica di Adriano Olivetti segna l’intero territorio, innervandone la forma e l’identità.

Per quanto possa sembrare un omaggio a scelte passate quasi da rimpiangere, l’inclusione rappresenta un programma culturale strategico del quale si percepisce la necessità in tutto il mondo.

Adriano Olivetti aveva visto troppo lontano
presagendo e anticipando un sistema economico
e una temperie sociale che emergono adesso
e che fondano la propria ricerca di valori sulla partecipazione,
sull’ibridazione di tecnologia e umanesimo, sulla creatività.

Il percorso costruttivo che Adriano Olivetti imprime a tutta Ivrea supera con morbidezza tagliente le scatole concettuali del paradigma manifatturiero in cui tutto si standardizza e si misura. Interpreta l’efficienza come efficacia e ne rende protagonista ogni singolo lavoratore. Estrae la competitività dalla capacità di anticipare orizzonti e desiderî. Persegue l’eccellenza attraverso un reticolo di relazioni comunitarie che pongono individui e famiglie al centro del gioco.

La stessa adozione della parola comunità appare lungimirante: tuttora nel discorso culturale e politico italiano la comunità è vista come una rete di mutuo soccorso, e non come un calderone in ebollizione nel quale convergono talenti e idee e dal quale scaturiscono valori condivisi. Tra i caratteri fondanti la permeabilità di una comunità radicata nel proprio territorio rispetto all’innesto di idee creative a progetti stategici dall’esterno, un altro elemento unico.

Anche da questo punto di vista

Ivrea va considerata un laboratorio da porre al centro di un reticolo cosmopolita di esperienze territoriali che vogliono far combaciare le mappe della comunità residente, dei talenti creativi, delle azioni produttive e del ridisegno di un benessere fondato sull’eloquenza estetica di strumenti tecnologici, sulla familiarità tenera di oggetti industriali, sul prevalere della condivisione estesa sulla misurazione dei risultati.

La geografia del genio passa, storicamente, per luoghi in cui ogni angolo racconta una visione della quale tutti sono proprietari avendone condiviso la costruzione e la crescita. L’Atene di Pericle e la Firenze di Lorenzo de’ Medici ne sono esempi paradigmatici. L’Ivrea di Adriano Olivetti è, anche da questo punto di vista, una lezione per il futuro: un prototipo che ha voluto ibridare in modo fertile la comunità, l’impresa, la creatività e un futuro da desiderare.

Michele Trimarchi