Wiseair, startup per una lotta comune all’inquinamento

16/02/2022

Il cofondatore e CEO Paolo Barbato ci racconta un’iniziativa che sposa l’approccio data driven a un problema complesso con il senso di una cittadinanza critica e proattiva

Ogni giorno sentiamo parlare di cambiamento climatico e di effetto serra, ma ci sono altre emissioni, oltre quelle di CO2, sulle quali da tempo l’Unione Europea ha acceso un faro: si tratta del particolato, le cosiddette polveri sottili, che soltanto nel 2019 hanno causato 307 mila morti premature nell’Europa a 27. Un problema di primo piano per la salute del Vecchio Continente, che ha portato Bruxelles a formulare gli obiettivi dello Zero Pollution Action Plan, tra i quali la riduzione del particolato fine del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005.

Questo problema tanto urgente per la salute dei cittadini, quanto trascurato dal dibattito pubblico, ha spinto quattro studenti del Politecnico di Milano nel 2019 a creare Wiseair, una startup che punta a stimolare le municipalità a soluzioni concrete e realistiche.

L’idea è quella di partire dal dato. Il primo problema che abbiamo incontrato nel nostro progetto è stato infatti la discrepanza fra la gravità del problema dell’inquinamento atmosferico nelle città e l’esiguità delle risorse, dei mezzi di rilevamento per il suo monitoraggio. Oggi in Italia per 8 mila comuni sono insediate appena 600 centraline dell’ARPA: attrezzature sofisticate, ma troppo poche per l’esigenza dei territori. La nostra idea è nata da questo, dalla costatazione della possibilità di creare oggi sistemi di rilevamento meno precisi, ma più capillari, a fronte di costi assai più limitati che in passato. Questo può portare a creare e condividere dati che, una volta integrati ed elaborati, possono fornire informazioni importanti per i policymaker e per i cittadini.

Paolo Barbato, cofondatore e amministratore delegato di Wiseair

Se ho capito bene la vostra attenzione è stata da subito rivolta alla cittadinanza…

Sì. Quando abbiamo cominciato abbiamo sviluppato i nostri sensori Arianna, dispositivi wireless capaci di misurare PM1, PM2.5, PM4 e PM10: le forme di particolato più dannose e diffuse nelle nostre città. È una sorta di vaso, spesso disposto nei balconi, che si alimenta con delle celle fotovoltaiche e rileva il particolato e altri parametri atmosferici, come la pressione e la temperatura. Ma il vero focus del nostro progetto era ed è la comunità. Così abbiamo sviluppato delle community nelle maggiori città, a Milano, a Torino, a Roma. Siamo passati dalla community Milano Aria Pulita a Italia Aria Pulita. Abbiamo avviato progetti di misurazione e soprattutto iniziative di sensibilizzazione e dibattito. L’impegno condiviso è il vero motore della nostra iniziativa, perché crediamo che possa fornire la più efficace spinta al cambiamento.

Come vi siete strutturati?

La nostra organizzazione è cresciuta e cambiata nel tempo. In soli due anni siamo passati da 4 a 20 in Wiseair e abbiamo creato, alimentato, incoraggiato le community locali, ossia i cittadini che scaricano la nostra app gratuita e partecipano al nostro progetto. Ormai sono migliaia, i download dell’app sono circa 10 mila. I nostri referenti diretti locali sono però i nostri ambassador: 15-20 persone in ogni grande città, quindi un centinaio in tutta Italia. Gli ambassador sono essenziali per la corretta disposizione e l’impiego dei dispositivi Arianna, ma non solo. Attivano e nutrono il dibattito (tra loro e con noi) con periodici meetup focalizzati sui problemi dell’inquinamento aereo. L’obiettivo condiviso è raccogliere la sfida della complessità dietro questi problemi. Per elaborare soluzioni reali e basate su dati scientifici. Un approccio critico che vuole diventare proposta ai comuni, alle istituzioni, che sole possono farsi carico delle soluzioni.

Ma in pratica come avete sviluppato la vostra startup: vi ha aiutato qualcuno?

Il networking nella prima fase è stato senza dubbio fondamentale. Siamo diventati imprenditori crescendo insieme e raccogliendo gli spunti di tante realtà diverse. Siamo partiti con un crowdfunding a Milano da 40 mila euro ottenuto tramite produzionidalbasso. Poi è stato importante l’incontro con l’acceleratore LUISS ENLabs, che ci ha messo in contatto con il fondatore di Linkem Davide Rota: ha creduto in noi e ha supportato la nostra idea. Linkem è oggi il nostro primo investitore e ci ha aiutato allora nell’aumento di capitale da 200 mila euro. Siamo una delle startup che incoraggiano, ma anche un’opportunità di sperimentazione nel settore dell’interconnessione verticalmente integrata. Ci serviamo tra l’altro ancora oggi della rete di installatori di Linkem. In seguito è venuta anche Techstars, uno dei maggiori seed accelerator del mondo, che ci ha inserito tra le sui portfolio companies . Più di recente abbiamo concluso un fundraising da un milione di euro supportato dal multi-family office svizzero Novum Capital Partners. Stiamo crescendo rapidamente. Al di là delle risorse economiche è stato indispensabile l’incontro con i mentor, con le comunità, con chi ha creduto nel nostro progetto e ci ha aiutato, come Toyota, il nostro primo cliente business: ha trovato nella nostra iniziativa un’assonanza con la sua mission sempre più attenta alla questione ambientale, al punto da inserirci nel suo bilancio di sostenibilità.

Concretamente come funziona il vostro modello di business? Chi sono i vostri clienti? Cosa gli vendete?

Noi stipuliamo dei contratti annuali con i comuni per la fornitura dei dati e dei servizi collegati. Sono ormai quasi 50 i comuni che serviamo, ma ai clienti affianchiamo la forza della nostra più ampia community che vuole essere il motore del cambiamento e stimolare i policy maker a fornire soluzioni di reale impatto per la cittadinanza. Abbiamo sviluppato la piattaforma IDO, il prodotto/servizio che vendiamo ai comuni e raccoglie e analizza tutti i dati, dando loro significato per mezzo del nostro lavoro e dei nostri algoritmi. I dati del singolo sensore sono infatti limitati e possono essere privi di senso, bisogna collegarli agli altri dati e alle condizioni locali del rilevamento per estrarre dai modelli l’informazione significativa, utile per la municipalità. Un’informazione che in maniera semplice e fruibile è consultabile dalla comunità tramite un’app sul telefonino, ma che viene invece fornita in maniera completa e articolata ai municipi clienti e all’utenza più esperta. Serve per progettare e attuare misure concrete di contrasto dell’inquinamento. Il valore della nostra proposta è lì e nelle comunità che abbiamo creato e cercano costantemente una soluzione per tutti.

Prossimi passi, dopo gli ultimi successi?

Vogliamo crescere ancora nelle comunità e diffondere la nostra presenza in Italia. Dopo Milano, Torino e Roma, stiamo per coinvolgere anche Bari, oltre a tutti i piccoli comuni dove siamo già presenti. Stiamo rafforzando e alimentando il nostro brand e la nostra reputazione, che sono importanti anche in prospettiva. I nostri sistemi possono infatti aiutare anche i piccoli comuni senza problemi particolari di inquinamento per “certificare” la qualità della loro aria e promuovere il territorio. In molti casi, con solo 600 centraline Arpa su 8 mila comuni, possiamo essere il primo centro di rilevamento del particolato sul territorio locale. In futuro intendiamo passare anche a un’offerta per le imprese, per misurare le loro emissioni inquinanti e aiutarle a contrastare l’impatto dei propri servizi, prodotti e facility sulla qualità dell’aria delle nostre città.

Giovanni Digiacomo