Nuovo focus B2B: il tool Re-Act allarga l’iniziativa alla più generale dimensione dell’accessibilità
Il prossimo obiettivo di WeGlad è allargare il modello di crescita a tutte le esigenze di accessibilità, espandere quindi in maniera significativa il ventaglio di esigenze che copriamo con un sistema orientato anche al B2B. Il nuovo modello si chiama Re-Act (Retail Accessibile e Trasparente) e punta a intercettare non solo le esigenze di persone con disabilità, ma il più ampio universo dell’accessibilità, quindi un processo di inclusione che guarderà per esempio ai bisogni sensoriali, della neurodiversità, della genitorialità, di coloro che hanno un animale domestico o un’intolleranza alimentare. In termini numerici questo significa passare dal bacino potenziale di 12 milioni di italiani con limitazioni della mobilità anche moderata a due terzi della popolazione e oltre.
Il Quinto Ampliamento aveva incontrato l’enfant prodige della mobilità inclusiva WeGlad nel 2021.
L’applicazione che ha creato una community digitale per la condivisione di informazioni sulle barriere architettoniche nei luoghi pubblici, faceva già parlare di sé con l’inclusione nel Techstars, uno dei maggiori acceleratori di startup del mondo. Oggi il giovane cofondatore CEO Petru Capatina ci racconta il percorso ulteriore di questa startup innovativa, le sfide e le sue ambizioni.
Dopo aver sviluppato la nostra community che mappa e supera le barriere che ancora ostacolano la disabilità, abbiamo deciso di coinvolgere in nuove iniziative anche grandi imprese dotate di reti di vendita di una certa dimensione. Abbiamo così avviato i Mappathon: multinazionali come Johnson & Johnson, Intesa Sanpaolo o Carrefour si sfidano nella mappatura delle barriere architettoniche, anche partendo dalle strade vicine ai propri edifici di lavoro, per superarle insieme e creare così un patrimonio di risorse al servizio degli utenti più svantaggiati, oltre che per condividere dati con le municipalità, agevolandole negli interventi. Negli ultimi mesi però abbiamo deciso di scalare ulteriormente il nostro progetto con una nuova iniziativa.
Di cosa si tratta?
Abbiamo studiato le imprese con grandi reti di distribuzione per cercare di promuovere un modello più scalabile di WeGlad, per superare l’evento spot del Mappathon. I grandi supermercati, banche, assicurazioni, fashion, franchising, distributori di benzina etc… hanno già nel loro sito delle mappe interattive, ovvero degli ‘store locator’, che permettono di individuare i loro singoli punti vendita. Di solito per ogni store/filiale è presente una descrizione con gli orari di apertura e poco altro, così ci siamo chiesti: non sarebbe bello se tutte le persone con un’esigenza particolare potessero sapere subito se quel punto vendita è adatto a loro?
Si potrebbero aggregare nuovi dati nelle mappe di queste società, informazioni rilevanti, come l’accessibilità per gli anziani, i disabili, chi ha difficoltà sensoriali o particolari accorgimenti per le famiglie o i neurodivergenti o banalmente la possibilità di portare in negozio il proprio animale domestico.
Abbiamo una grande esperienza in questo genere di mappature e stiamo sviluppando un’interfaccia che possa dialogare con le singole piattaforme delle imprese arricchendo i loro dati con queste informazioni specifiche in cambio di una commissione periodica necessaria al mantenimento dei costi di struttura.
Quindi l’idea è quella di allargare le esigenze mappate in maniera importante, dalla disabilità alla specificità in un certo senso…
E’ un percorso giovane, lo stiamo ampliando ogni giorno con nuovi tipi di dati, ed è coerente con il nostro purpose e con l’idea sempre più ampia di inclusione che nel mondo sta prevalendo. Pensiamo all’acronimo anglosassone DEIA (Diversity, Equity, Inclusion and Accessibility) che cerca di mettere insieme le esigenze di ognuno per un progresso condiviso. In fondo è la nostra storia e ci conforta che la nuova tassonomia europea sulla sostenibilità spinga in questa direzione un numero crescente di imprese, 11 mila da quest’anno e circa 50 mila PMI europee dall’anno prossimo. Dovranno redigere una reportistica di impatto, secondo le linee guida degli standard ESRS. Lì c’è anche il tema delle politiche di accesso e di inclusione degli stakeholder che è il nostro lavoro. Noi siamo già abituati a fornire metriche di impatto quantitative che possono essere inserite nei documenti di sostenibilità e possiamo quindi fornire un aiuto importante. Altri spunti positivi per noi vengono dal PNRR con il suo accento sulla digitalizzazione, anche lato accessibilità.
Dal 2021 a oggi siete cresciuti e vi siete strutturati, ci sono cambiamenti importanti? Quali sfide affrontate in questo nuovo focus sul B2B?
All’inizio eravamo soltanto i due cofondatori, io e Paolo Bottiglieri, ma nel tempo siamo cresciuti come team e abbiamo anche rafforzato la governance di WeGlad. Oggi il nostro presidente è l’esperto di sostenibilità ed economia civile Riccardo Taverna, nel board è presente anche Tullio Musso, che viene dall’investment banking internazionale, e Simone Brevigliero, esperto di Mobilità e business development. Ma il consiglio si allargherà ancora ad altri executive internazionali e nuovi partner.
L’anno scorso siamo stati selezionati anche dall’acceleratore Alchemist, uno dei più noti acceleratori B2B della Silicon Valley, che ci ha fornito strumenti che ci saranno utili per lo sviluppo delle attività in Canada e nei mercati internazionali.
Non mancano però le sfide: grandi player con i quali ci confrontiamo per lo sviluppo di un’offerta di servizi di inclusività spesso diffidano di un eccesso di trasparenza. Temono che ammettere le criticità e ragionare di obiettivi possa nuocere al loro marchio, alla brand reputation. Ma è una ritrosia miope, perché i consumatori con esigenze specifiche si confrontano ogni giorno con il mondo reale e in molti casi potrebbero premiare i brand più attenti, selezionando direttamente lo store adatto a loro. Qualche anno fa Deloitte aveva calcolato un moltiplicatore importante per il bacino di utenza delle imprese più impegnate nell’inclusione. Il rischio opposto è che iniziative una tantum si esauriscano in spot effimeri, la nostra proposta oggi è di un impegno costante che punti davvero a cambiare le cose e costruisca un rapporto affidabile e duraturo con gli stakeholder. L’inclusione più grande, è quella verso il futuro.
Intervista a cura di Giovanni Digiacomo